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Pubblicazione : 28/12/2014
Istat: pubblicato l'annuario 2014
L’Istat ha pubblicato l’edizione 2014 dell’annuario statistico italiano. La pubblicazione è strutturata in 24 capitoli, ognuno dei quali propone in apertura una sintesi dei dati più rilevanti, oltre a grafici e indicatori che possono facilitare l’interpretazione dei fenomeni. Sono, inoltre presenti dati disaggregati al livello regionale (2013) e tavole di confronto con gli anni precedenti. I dati contenuti nel capitolo “popolazione e famiglie” restituiscono l’immagine in cui la popolazione aumenta (al 31.12.2013 erano residenti in Italia 60.782.668 persone. Oltre un milione in più rispetto all’anno precedente), calano i decessi (600.744, contro i 612.883 del 2012), ma calano anche le nascite che si sono ridotte di circa 20.000 unità consolidando il trend di saldo negativo registrato già nel 2012. Risulta in aumento anche la popolazione straniera che al 1 gennaio 2013 (ultimo dato disponibile) ammontava a 4.387.721 unità con un aumento di oltre 8 punti percentuali su base annua e con un incidenza sulla popolazione totale del 7,4%. Le principali aree provenienza della popolazione straniera sono: altri Paesi UE (28,3% del totale), Paesi dell’Europa centro-orientale (24,3%) e Africa (14,1%). Migliora anche l’aspettativa di vita (nel 2013 79,8 anni per gli uomini – meglio solo la Svezia – e 84,6 anni per le donne – meglio dell’Italia solo Spagna e Francia) ma aumenta l’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione over 65 e quella under 14) che nel 2013 raggiunge quota 151,4 (2,8 punti in più rispetto all’anno precedente). Dal dato regionale emerg4 il “primato” della Liguria come regione più anziana d’Italia (238,2 anziani ogni 100 giovani), mentre la Campania è la regione in cui l’indice di vecchiaia è in assoluto il più basso (160 anziani ogni 100 giovani). Nel capitolo “sanità e salute” sono contenute notizie positive circa lo stato di salute percepito che è definito “buono” dal 70% della popolazione, con una leggera situazione di svantaggio per le donne a partire dai 45 anni, ma anche dati relativi all’aumento della diffusione delle patologie croniche:  il 38,9% dei residenti dichiara di essere affetto da almeno una fra le 15 considerate (valore in crescita rispetto al 2013); le più diffuse sono: l’ipertensione (17,4%) l’artrosi/artrite (16%), le malattie allergiche (10,3%), l’osteoporosi (7,5%), la bronchite cronica e l’asma bronchiale (5,8%) e il diabete (5,5%). Prosegue, infine, il declino dell’abitudine al fumo. Nel 2014 si dichiara fumatore il 19,5% della popolazione over14, contro il 20,9% nel 2013 e il 21,9% nel 2012. Il tabagismo è più diffuso fra gli uomini (24,5%) che fra le donne (14,8%). Per i primi il picco viene raggiunto nella classe di età 25-34 anni (33,5%) mentre per le fumatrici nella classe di età 20-24 (20,5%). Sempre in tema d salute va segnalata la crescente difficoltà di accesso ai servizi, va segnalata la crescente difficoltà di accedere ai servizi sanitari di base: il 53% degli  italiani avrebbe, secondo i dati contenuti nell’Annuario, avuto difficoltà ad accedere al Pronto Soccorso. In tema di “istruzione e formazione” Istat segnala il continuo calo delle iscrizioni: sono 8.943.701 gli studenti iscritti all’anno scolastico 2012/2013, circa 17.500 in meno rispetto a quello precedente. Per la prima volta negli ultimi quattro anni diminuiscono gli iscritti sia alle scuole dell’infanzia (-8.817) sia alle scuole secondarie di primo grado (-12.621) mentre prosegue, anche se attenuato, il calo degli iscritti alle scuole secondarie di secondo grado (-2.686). Fanno segnare una controtendenza rispetto al trend generalizzato, le iscrizioni alle scuole primarie (+6.666) e ai percorsi triennali di istruzione e formazione (+47.321). Gli alunni stranieri sono quasi 787.000, poco meno del 9% degli iscritti. Sono le regioni del Nord e del Centro ad accogliere il maggior numero di giovani stranieri: la loro presenza nelle scuole del primo ciclo sfiora il 14% degli iscritti, mentre nel Mezzogiorno non raggiunge il 3,5%. Il tasso di scolarità si attesta ormai da qualche anno intorno al cento per cento per la scuola primaria e per la secondaria di primo grado, mentre quello della scuola secondaria di secondo grado è al 93,1%, sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente. Il livello di istruzione della popolazione italiana si è costantemente innalzato nel corso del tempo. Quasi tre persone su dieci hanno un diploma di scuola secondaria superiore (29,2%), mentre sono il 12,3% quelli che hanno conseguito un titolo di studio universitario. Il passaggio dalla scuola secondaria all’università (calcolato rapportando gli immatricolati all’università ai diplomati di scuola secondaria superiore che hanno conseguito il titolo nello stesso anno solare) è andato progressivamente riducendosi dopo la forte crescita negli anni di avvio della riforma (72,6 immatricolati su 100 diplomati nel 2003/2004). Nell’anno accademico 2012/2013 è al 55,7 per cento, con i valori più alti per i residenti nelle regioni del Nord-ovest e in quelle del Centro (entrambe 60,2) Chi si iscrive per la prima volta si indirizza verso i corsi di primo livello di durata triennale (83,8%) mentre il restante 16,2% si orienta verso i corsi di laurea magistrale a ciclo unico. La popolazione universitaria è composta da 1.709.407 studenti, in lieve flessione rispetto all’anno accademico precedente (-2,4%). La partecipazione agli studi universitari risulta particolarmente alta fra i giovani residenti in Abruzzo, Basilicata e Molise (rispettivamente pari a 51,8, 51,2 e 50,3%). La scelta di proseguire gli studi dopo le superiori coinvolge maggiormente i diplomati dei licei: fra questi, sei su dieci si dichiarano studenti a tempo pieno contro meno del 20% dei diplomati degli istituti tecnici e il 6,7% di quelli degli istituti professionali. Nel 2012 circa 297.000 studenti sono arrivati al traguardo della laurea (o del diploma universitario), circa 1.400 in meno rispetto all’anno precedente (-0,5%). Le donne sono più propense a proseguire gli studi oltre la scuola secondaria (le diplomate che si iscrivono a un corso universitario sono circa 62 su 100, i diplomati appena 50) e pure a portare a termine il percorso accademico. Infatti, tra i laureati triennali e a ciclo unico (ossia tra coloro che hanno conseguito almeno un titolo di formazione universitaria), il tasso di conseguimento della laurea (laureati per 100 venticinquenni) è al 37,6% per le ragazze e al 25,2 per i coetanei. Fra coloro che hanno concluso percorsi “lunghi” (corsi di durata da quattro a sei anni e lauree specialistiche biennali) le laureate sono 24,1 ogni 100 venticinquenni e i laureati 15,7 ogni 100. Per quanto riguarda la situazione occupazionale, Istat segnala che gli occupati al 31 dicembre 2013 sono 22.420.000 (478.000 in meno rispetto all’anno precedente) e che le perdite occupazionali maggiori riguardano gli uomini (-2,6% contro -1,4%), maggiormente impiegati in settori più duramente colpiti dalla crisi. Sono in aumento anche i cosiddetti «lavoratori anziani», che hanno più di 55 anni se la cui uscita dal mondo del lavoro è stato ostacolato dall’innalzamento dell’età pensionabile. Come corollario di questo fenomeno, Istat segnala la riduzione del tasso di occupazione tra i giovani, soprattutto fra i 15-24enni (da 18,5 a 16,3%) e i 25-34enni (da 63,8 a 60,2%). La diminuzione degli occupati riguarda sia i lavoratori dipendenti (-335.000) sia gli indipendenti (-143.000). Perdono occupazione tutti i settori di attività economica: -89.000 unità nell’industria in senso stretto, -35.000 in agricoltura, -163.000 nelle costruzioni e -191.00 nei servizi. Si riduce il numero dei dipendenti a termine (-6,1%), in crescita dal 2010, mentre continuano ad aumentare gli occupati a tempo parziale (+2,8%) anche se l’incremento del part time è di tipo involontario. Il tasso di occupazione è al 55,6%, valore che si mantiene ampiamente al di sotto della media Ue (64,1%); quello maschile si attesta al 64,8% (66,5% nel 2012), mentre il tasso riferito alle donne si posiziona al 46,5% (47,1% l’anno precedente). Rimangono ampi i divari territoriali, con il tasso di occupazione che al Nord è oltre venti punti più elevato di quello dell’area meridionale. Nel 2013 le persone in cerca di occupazione crescono di 369.000 unità (+13,4%). Il tasso di disoccupazione sale al 12,2% (da 10,7%), quello di inattività al 36,5% (da 36,3%).  SintesiVersione integrale