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Pubblicazione : 29/12/2015
Povertà estrema: uno studio sugli Help Center delle stazioni
È stato pubblicato sulla rivista “Impresa sociale” (dicembre 2015) un caso-studio basato sui dati 2014 dell’ Osservatorio Nazionale sul Disagio e la Solidarietà nelle Stazioni Italiane (ONDS). Ne è autrice Eleonora Romano (Università di Roma) che da tempo si occupa di questioni legate misurazione della povertà estrema con particolare riferimento alla popolazione delle persone senza dimora. L’assunto di partenza è che le tradizionali indagini sulla povertà e la disuguaglianza escludano sistematicamente gli homeless, mettendo di fatto tra parentesi dati importanti come quelli relativi agli utenti che nel corso del 2014 si sono rivolti a tre centri di orientamento sociale (Help Center) dell’Osservatorio Nazionale sul Disagio e la Solidarietà nelle Stazioni Italiane (ONDS) che invece sono il data set di riferimento del presente studio (Help Center di Firenze, Roma e Napoli). Sulla povertà estrema – afferma l’Autrice nelle conclusioni – mancano dati che consentano misurazione del fenomeno e analisi delle cause, dal momento che la popolazione di riferimento non è facile da intercettare. Dall’analisi descrittiva dei dati emerge che:
  • gli uomini sono tendenzialmente più giovani rispetto alle donne.
  • Le aree di provenienza prevalenti sono gli altri Paesi UE e alcuni Paesi africani.
  • Gli utenti degli help Center provenienti da Asia e Africa sono mediamente più giovani degli altri.
Osservando, poi, la relazione tra variabili (test di regressione) lo Studio enuncia:
  • l’esistenza di «una relazione a U rovesciata» tra l’età e il numero di accessi spontanei effettuati da un utente;
  • un numero di accessi che per le donne è inferiore rispetto agli uomini (quindi gli Help Center delle stazioni faticano a intercettare la popolazione femminile);
  • Un numero di accessi spontanei che per gli utenti che versano in una condizione di disagio abitativo sembra essere in media più alto, rispetto a quelli che dispongono di una sistemazione adeguata e sicura.
Infine, tutta la parte finale dello Studio è dedicata all’analisi inferenziale, cioè a stimare la probabilità di espressione di determinate richieste a partire dalle condizioni di partenza e dalle caratteristiche individuali. È emerso che:
  • In termini di genere le probabilità di richieste di lavoro e accoglienza sono più elevate per le donne che per gli uomini; (ma non si può dimenticare che il numero di utenti di genere femminile è sensibilmente più basso dei maschi).
  • Relativamente all’Help Center di riferimento, le richieste di accoglienza risultano più «probabili» tra gli utenti dell’Help Center di Napoli, le richieste di orientamento al lavoro risultano più probabili tra gli utenti di Firenze, mentre non si registrano differenze significative tra le une e le altre per gli utenti dell’Help Center di Roma (il dato è coerente con la tipologia di attività svolta da ciascun Help Center e con le priorità di azione individuate a livello locale).
Sempre a livello di analisi inferenziale, lo Studio definisce quattro utenti-tipo degli Help Center al fine di collegare la probabilità di richiesta (accoglienza o lavoro) alla tipologia di utente. Emerge che «La probabilità di richieste di accoglienza diminuisce solo lievemente al crescere dell’età nell’intervallo 20-35, mentre cresce sempre più rapidamente con l’età, una volta superata la soglia dei 35 anni», mentre «La probabilità di fare richiesta di orientamento al lavoro cresce lentamente con l’età nell’intervallo 20-40, per poi diminuire rapidamente all’aumentare dell’età dopo la soglia dei 40 anni». I dati confermano quindi che gli utenti più anziani sembrano essere più propensi a richiedere accoglienza, in quanto meno “abili”, per ragioni fisiche a trovare una sistemazione al di fuori del circuito degli Help Center, mentre i giovani sono più attivi (o meno scoraggiati) nella ricerca di un’occupazione. È stata presa in esame anche l’incidenza fattuale e predittiva della variabile stato civile sulle richieste: «l’esperienza di rottura familiare sembra essere associata ad una maggiore probabilità di avanzare qualunque tipo di richiesta». Quando si rompe un legame familiare, infatti, manca prima di tutto la casa (soprattutto al coniuge che cede il tetto coniugale) ed è provato che il legame tra perdita della casa e perdita del lavoro sia molto stretto. Chi si separa, poi, ha spesso bisogno di assistenza legale e anche di altri beni e servizi. Infine, coerentemente con l’approccio Housing First, i dati dello studio sembrano indicare che la condizione di disagio abitativo sembra associarsi, da un lato, con una maggiore probabilità di fare richiesta di accoglienza e di beni e servizi e, dall’altro, con una minore probabilità di richiedere orientamento al lavoro. Con tutte le cautele del caso (facendo riferimento alla limitatezza e alla parzialità dei dati a sua disposizione), l’Autrice connette gli esiti del suo caso-studio con gli orientamenti di azione (politiche) espresse prima di tutto a livello di Unione Europea. Riferendosi al Pacchetto Investimenti Sociali del 2013, l’Autrice sottolinea la necessità di «conoscere meglio l’estensione e le caratteristiche della popolazione dei poveri estremi» al fine di «definire misure di policy efficaci, che favoriscano percorsi di reinserimento lavorativo e sociale per chi vive ai margini estremi della società, così estremi da risultare invisibile persino nelle statistiche relative ai poveri». Approfondimenti Testo integrale Informazioni sulla metodologia e sullo strumento di ricerca (piattaforma ANThology)