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Pubblicazione : 03/02/2016
Legge delega antipovertà: una lettura critica
“Non interrompiamo il cammino verso il nuovo Welfare” È questo il titolo della nota diffusa dall’Alleanza Italiana contro la povertà all’indomani della presentazione del disegno di legge delega sul contrasto alla povertà. Secondo l’Alleanza il ddl rappresenta un «allontanamento» dal percorso di elaborazione di una misura strutturale di contrasto alla povertà assoluta che sembrava essere iniziato con la legge di stabilità. Per questa ragione se ne chiede una «profonda revisione». Nella nota pubblicata il primo febbraio scorso, l’Alleanza ricorda sia il segnale positivo contenuto nella legge di stabilità (600 milioni di euro per la lotta alla povertà nel 2016 e 1 miliardo a partire dal 2017), sia i tratti distintivi della proposta di Reddito di Inclusione sociale (Reis), elaborata per dotare l’Italia (unico Paese che ancora ne è priva) di una misura strutturale di contrasto alla povertà estrema. Le principali criticità del ddl segnalate dall’alleanza attengono al mancato incremento dei finanziamenti da cui discende una sostanziale impossibilità di implementare il Reis (per cui servirebbero 7 miliardi in dieci anni). Altra conseguenza del mancato incremento delle risorse è la limitatezza degli obiettivi:
Mentre per il 2016 i fondi previsti dal Governo sono sostanzialmente simili a quelli ipotizzati dall’Alleanza, a partire dal 2017 le strade divergono perché, l’attuale testo della delega non ne contempla la progressiva crescita bensì la stabilizzazione a 1,5 miliardi annui. Le dichiarazioni governative indicano l’intenzione di erogare contributi monetari di importo piuttosto basso, in modo da allagare il più possibile l’utenza raggiungibile con soli 1,5 miliardi. Si arriverebbe così a coprire intorno al 30% delle persone povere (tra 1,2 e 1,3 milioni), quelle appartenenti ad alcune tra le famiglie indigenti con figli.
In sostanza – prosegue l’Alleanza – il ddl ha come orizzonte la stabilizzazione di una misura per 3 poveri su 10, mentre le premesse erano quelle di graduale costruzione di un sostegno rivolto a chiunque si trovi in povertà. Altro rischio sottolineato nella nota è che l’inclusione attiva resti soltanto un obiettivo dichiarato, in particolare a causa dell’inadeguatezza e della temporaneità delle risorse: per i servizi locali sono previsti 150 milioni all’anno per le prime annualità. Si tratta di risorse di fonte UE su cui non ci sono ipotesi per il post 2020. Partendo da simili presupposti è difficile ipotizzare che lo Stato definisca qualsiasi regola certa in materia di costruzione e fruizione dei percorsi di inclusione sociale attiva o di rafforzamento delle competenze degli operatori impegnati sui territori.
Complessivamente, dunque, si chiede alla realtà del welfare locale di costruire strategie per l’inclusione sociale dei propri cittadini poveri senza dotarle di strumenti adeguati allo scopo.  
Testo integrale della nota | pagina web del ministero del lavoro