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Pubblicazione : 02/02/2018
Venarotta (AP): Caritas Torino e Fondazione Agnelli sostengono lo sviluppo di comunità dopo il terremoto in centro Italia

Come annunciato nel numero di gennaio pubblichiamo un’intervista con il direttore di Caritas Torino, Pierluigi Dovis che di ritorno da una visita ad Ascoli Piceno ricostruisce con noi la storia del gemellaggio tra Caritas Piemonte Valle d’Aosta e Caritas Marche e mette a disposizione dei nostri lettori aggiornamenti sul progetto che Caritas Torino e Fondazione Agnelli stanno sostenendo nel Comune di Venarotta (AP).

Come è nato il gemellaggio tra Piemonte Valle d’Aosta e Marche?

«Siamo partiti dalle valutazioni di Caritas Italiana; oltre alla delegazione Piemonte e Valle d’Aosta hanno aderito anche le delegazioni della Liguria, che ha mandato un operatore per sei mesi, e quella della Calabria, che ha mandato due ragazzi».

Dal Piemonte, oltre a Michele e Olga, che abbiamo intervistato per il precedente numero della newsletter sono andati altri volontari a prestare servizio?

«Alla fine in totale sono scese quattro persone – tutte e quattro del gruppo torinese – anche se le disponibilità che avevamo trovato subito erano state molte di più».

«Avevamo circa un centinaio di disponibilità che per varie ragioni non si sono concretizzate: alcune persone potevano andare subito dopo il sisma, ma non c’erano le condizioni, altre erano disponibili a fare protezione civile, che però non è il proprium di Caritas …. e poi è arrivato l’inverno che ha rallentato tutto».

Sono state raccolte risorse economiche?

«Sì, durante la colletta nazionale, a Torino sono stati raccolti 600.000 euro, in Piemonte circa il doppio. Le risorse sono state trasferite a Caritas Italiana che le ha utilizzate per i centri di comunità nelle zone più colpite (Pescara del Tronto e Arquata del Tronto) o li ha stanziate per altri interventi di ricostruzione che non hanno ancora potuto avere inizio, dal momento che gli iter burocratici sono piuttosto farraginosi».

Come è avvenuto l’incontro tra la Diocesi di Torino e quella di Ascoli Piceno?

«Una serie di eventi fortuiti e provvidenziali insieme, direi. Io conoscevo Monsignor Giovanni d’Ercole, oggi vescovo di Ascoli Piceno, che era stato a Torino in gioventù, ma l’elemento che ci ha agganciati è stata una donazione della Fondazione Agnelli».

Che ruolo ha avuto la Fondazione? 

«Ha donato a Caritas Diocesana 150.000 euro (equivalenti al costo della fusione di una medaglia paraolimpica) chiedendole di individuare un progetto nel centro Italia colpito dal terremoto che avesse come priorità la formazione e lo sviluppo di comunità».

Qual è il progetto che è stato individuato?

«Abbiamo fatto un lungo cammino con Caritas italiana e nella Diocesi di Ascoli Piceno abbiamo individuato un progetto, ideato dallo stesso Monsignor D’Ercole: una scuola di ricamo (nel rispetto di un’attività tipica di quella zona) e restauro (per impiegare competenze locali nel recupero delle opere d’arte distrutte dal terremoto) che dia  prospettiva ai giovani di quel territorio, evitandone la trasmigrazione».

«Il centro sorgerà nel Comune di Venarotta, piccolo paese sulle pendici dei monti Sibillini a 7 km da Ascoli Piceno. Il Comune ha infatti donato il terreno alla Diocesi, l’edificio è già stato progettato da un gruppo di giovani architetti e il Vescovo vorrebbe avviare le attività formative tra l’ottobre 2018 e il gennaio 2019».

Qual è il senso di questo progetto per la chiesa locale?

«Il Vescovo, che ha sempre pensato non a una grande opera ma a una cosa, nuova, di dimensioni ridotte, e ispirata al modello del laboratorio di restauro del Sermig, sta curando personalmente la regia di questa realizzazione e la sta interpretando come il segno del post terremoto nella Diocesi di Ascoli perché va oltre la questione della ricostruzione.

Intanto anche altri attori si stanno muovendo: la pastorale giovanile sta cercando un ente certificato a cui affidare la gestione della scuola, sta contattando la Regione Marche per il riconoscimento dei titoli e l’Università di Camerino per il supporto nell’azione formativa.

Il Vescovo sta anche configurando un ente gestore della struttura in cui la governance è affidata non solo alla Diocesi, che resta proprietaria, ma anche a tutti gli enti che interverranno nella realizzazione oltre che a Caritas Diocesana e Fondazione Agnelli che hanno sostenuto il progetto con risorse economiche e competenze tecniche».

Quali sono i messaggi più importanti che un’esperienza come quella manda alle nostre comunità?

Individuo quattro parole-chiave

Lavoro condiviso: ho visto una Diocesi molto attenta su questo. Il progetto non è della Caritas ma di tutta la Diocesi che aggrega i suoi uffici, ma anche le associazioni ecclesiali, gli enti pubblici, enti e istituzioni formative.

Promozione di sviluppo: l’evento sismico è diventato l’occasione per ripensare lo sviluppo di un territorio e anche la presenza sociale della Chiesa su di esso. Si tratta di un messaggio importante per interpretare la carità nel suo senso più profondo: oltre l’assistenza e per lo sviluppo.

Attenzione ai giovani che sono o che possono diventare poveri: la scuola avrà come target specifico i giovani a rischio di impoverimento o già impoveriti a causa del terremoto. Il Vescovo ha sottolineato più volte che se i giovani lasciano il territorio non si attiveranno risorse e mancherà l’assunzione di responsabilità.

Dimensione prospettica: nell’utilizzo degli strumenti di cui disponiamo non come obiettivi in sé ma, appunto, strumenti per realizzare la cosa più importante e cioè la relazione significativa con le persone e con il territorio.