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Pubblicazione : 09/07/2013
Fa bene: cibo e solidarietà
In un mercato torinese si sperimenta un progetto di solidarietà tra gli abitanti del quartiere, promosso da un gruppo di associazioni in partenariato   Solidarietà circolare  di Vito Sciacca  Dal 20 maggio il cibo invenduto del mercato torinese di Piazza Cerignola, noto anche come mercato Foroni, non viene più gettato: raccolto e selezionato è ridistribuito alle famiglie in difficoltà. Ad esso si aggiungono le merci che i clienti del mercato sono invitati ad acquistare per essere donate agli aventi bisogno, individuati dai servizi sociali della VI circoscrizione e da Caritas Torino. L’iniziativa è stata ideata dall’associazione culturale torinese Plug ed inserita tra gli eventi Smart City, con la cooperazione di Caritas Diocesana, Cooperativa Liberitutti, Circoscrizione VI, Associazione GPL uniti per il quartiere, Associazione La piazza Foroni, Associazione Muovi Equilibri e Urban Barriera (Programma di sviluppo urbano per il miglioramento complessivo dell’area cittadina “Barriera di Milano” in cui sorge il mercato). Una sinergia tra organizzazioni laiche e religiose ed istituzioni cittadine per porre in essere un progetto finalizzato a fare arrivare le eccedenze alimentari e le donazioni degli acquirenti del mercato di piazza Foroni sulla tavola degli abitanti del quartiere che si trovano in particolari difficoltà economiche, alleggerendo il costo economico e ambientale dello smaltimento e trasformandolo in beneficio sociale. In cambio, alle famiglie destinatarie viene richiesto un contributo attivo nelle attività di quartiere: la piazza e il mercato diventano così luogo di scambio, generosità e collaborazione, ben al di là del mero concetto di elemosina. Il progetto, denominato “Fa bene”, dà anche lavoro a due persone colpite dalla crisi economica cui è stata assegnata una borsa lavoro dalla Caritas di Torino, partner dell’iniziativa: si occupano della logistica relativa alla distribuzione degli alimenti e della consegna dei pacchi viveri. «Tutto è cominciato quasi per caso - ci racconta Deana Panzarino di “ Liberi tutti”, associazione che opera sullo sviluppo locale -. Nell’ambito di un corso di formazione tenuto agli operatori del mercato venne inviato il responsabile di Plug per tenere lezioni sulla comunicazione, e fu proprio in quest’occasione che nacque l’idea di raccogliere l’invenduto. Successivamente il progetto si evolse fino ad avere le caratteristiche attuali: non riguardò più solo l’invenduto, ma anche il donato e, coinvolgendo altre realtà locali, la reciprocità. In particolare va rimarcato il ruolo di Caritas, che finanzia le borse lavoro, e della Circoscrizione; Muovi Equilibri ha fornito la bici per le consegne e sta curando la pianificazione dei percorsi, mentre Plug ha curato la  comunicazione dell'iniziativa. Senza la cooperazione di tutti questi soggetti, sociali e non, il progetto “Fa bene” non sarebbe stato possibile». Restituzione: aiuti in cambio di volontariato Il valore aggiunto del progetto, sottolineano i promotori, è la restituzione: non si tratta di mera elemosina, ma l’impegno dei fruitori a restituire qualcosa in cambio sotto forma d’aiuto su vari fronti: sostegno ai vicini di casa, in particolare agli anziani soli, collaborazione ad eventi pubblici che coinvolgono il quartiere, cose di questo tipo. «Qualcuno potrebbe pensare che questa filosofia del do ut des sia finalizzata a dare dignità all’atto di ricevere un aiuto, ma non è questo l’obiettivo: una famiglia in difficoltà non ha alcun bisogno di ritrovare la propria dignità, dal momento che non l’ha mai perduta: il vero scopo è creare e rinsaldare i rapporti tra le persone nel e con il quartiere. A riprova di ciò il fatto che vi sono state famiglie che si sono sentite spiazzate quando è stata posta loro questa condizione, segno evidente che questa mentalità, che un tempo era implicita nella vita in comune, è andata perduta negli ultimi decenni, e che va comunque ricostruita» spiega Panzarino. Il progetto procederà sperimentalmente per tre mesi, ma si sta già pensando di prolungarlo per tutto il 2014: non va dimenticato che può essere un mezzo per il rilancio economico del mercato e un'occasione per la creazione di nuovi posti di lavoro; «L’ideale sarebbe che esso potesse in futuro reggersi con le proprie gambe, senza più bisogno del nostro supporto» auspica l'operatrice. Ad Enzo Torraco, operatore mercatale, domandiamo quale sia stato l’impatto di questa novità su di lui e i suoi colleghi, se abbia generato resistenze iniziali o difficoltà: «Assolutamente no. Da sempre siamo usi regalare gli invenduti a chi ha bisogno, e purtroppo capita sempre più spesso di assistere a severe contrazioni della possibilità d’acquisto da parte di clienti abituali che fino a poco tempo fa non avevano problemi in tal senso. Gli acquisti di merce destinate ad essere donate sono state una novità, e devo dire che contribuiscono ad incrementare, anche se di poco, il volume degli affari. La crisi, in questo che è un quartiere popolare, ha colpito duro, e il fatturato negli ultimi anni è andato riducendosi sempre più, mentre le spese hanno continuato a salire. Ma soprattutto è comunque bello contribuire a un’iniziativa che dà una mano a chi più ne ha bisogno».   Un progetto partito dalla comunità Tiziana Ciampolini è la responsabile dell’Osservatorio povertà e risorse della Caritas cittadina e commenta così questo progetto: «La cosa che maggiormente mi piace di questo progetto è che parte da una comunità: questo non è un progetto che qualcuno si è inventato dall’alto, ma invece è nato dal basso; dei creativi hanno avuto quest’idea e l'hanno innestata in un tessuto che era già pronto, che aveva bisogno di un catalizzatore, lo dimostra l’adesione quasi immediata da parte degli operatori del mercato e delle organizzazioni presenti sul territorio. Una delle caratteristiche di questo progetto è la sua capacità organizzativa diffusa, con condivisione delle responsabilità. A mio avviso queste sono condizioni essenziali per fare ripartire lo sviluppo, sia solidale che economico, perché i due vantaggi di questo progetto sono l’aumento della solidarietà diffusa e l’incremento delle vendite per i mercatali». In questo quadro come s’inserisce Caritas? «Affiancando il progetto e favorendo l’inserimento lavorativo di persone in difficoltà: abbiamo fatto una integrazione al reddito pagando la sperimentazione per due persone, una legata a “Scarp de tenis” e un'altra che si è trovata improvvisamente senza lavoro, con in più una famiglia a carico. Inoltre, un altro contributo dato da Caritas è stato, d’intesa con i servizi sociali della VI circoscrizione, l’individuazione delle persone destinatarie di questo cibo; sarei tentata di dire persone “meritevoli”, vale a dire persone che stanno provando a farcela, non semplicemente questuanti, ma individui o famiglie che non ce la fanno in questo momento». La visione di questo progetto è quindi in continuità con il lavoro di “Casa Mangrovia”, della Caritas torinese? «Sostanzialmente si, l’obiettivo è coltivare esperienze che si prendano cura del territorio e della coesione sociale, della prossimità, appunto. L’obiettivo di “Casa Mangrovia” è proprio questo: favorire la nascita e la continuità di esperienze che mettano insieme valore sociale ed economico, mete condivise pienamente dal progetto “Fa Bene”». [separator_heading]L’intervista[/separator_heading] Da “Scarp” al lavoro nel mercato di Mr X Beniamino, da due anni membro della redazione di “Scarp Torino” e saltuariamente anche venditore di “Scarp”, è impegnato da circa tre settimane nel progetto “Fa Bene”, in particolare gestisce una postazione presso il mercato di Piazza Foroni. Gli abbiamo chiesto qualche notizia in merito. Come si svolge in pratica una tua giornata lavorativa?
La prima cosa che io ed il mio collega facciamo è montare il gazebo, che è ormai un punto di riferimento all’interno del mercato, poi eseguiamo un lavoro di promozione dell’iniziativa presso la clientela…Devo dire che a questo punto siamo abbastanza conosciuti, almeno dai frequentatori abituali; inoltre raccogliamo le offerte del pubblico e le mettiamo da parte fra le provviste da consegnare più tardi, insieme agli invenduti consegnateci dai mercatali. In ultimo prepariamo i vari pacchi, ognuno destinato ad uno specifico utente, sia esso una famiglia o un singolo.
  Perché questa differenziazione?
Innanzitutto la quantità delle merci da consegnare varia in base al numero di componenti della famiglia destinataria; poi ci sono motivi di tipo diverso: di salute, ad esempio, oppure se il destinatario di un pacco viveri è di religione islamica, in tal caso dobbiamo fare attenzione che al suo interno non vi siano cibi proibiti dalla sua religione.
  E per le consegne?
Quello è compito del mio collega, anche lui in borsa lavoro, che quando tutto è pronto provvede ad effettuare le consegne in bicicletta, mentre io provvedo allo smontaggio del banchetto.
  Qual è stata l’accoglienza da parte dei clienti del mercato e degli operatori?
Ottima, assolutamente. Questo non è un quartiere ricco, la gente sa cosa significa faticare per arrivare a fine mese…C’è molta solidarietà. Per quanto riguarda i gestori dei banchi la novità è stata accolta benissimo, tra l’altro incrementa le loro vendite. Basti pensare che a tutt’oggi ormai sono 54 i commercianti della piazza che hanno aderito, ovvero quasi tutti.  
E riguardo a te e al tuo collega, come pensate si evolverà quest’esperienza?
Tutto dipenderà dalla continuità o meno del progetto, o se si estenderà ad altri mercati: dipende da molti fattori, non ultimo il nostro impegno.