PENSIERO DIRETTO(RE)

Un anno di Caritas Torino

Come è andato l’anno pastorale? Quali sfide ha affrontato la Caritas diocesana? Che cosa ci aspetta dopo la pausa estiva? Ne abbiamo parlato con il direttore Pierluigi Dovis che enumerando le molte azioni di Caritas Torino (dalla gestione dell’emergenza freddo, alla mensa temporanea di Via Arcivescovado, dalla raccolta dei primi frutti dell’azione animativa e formativa, all’investimento sui giovani) ha ricordato anche il cammino intrapreso per riflettere sull’interpretazione del mandato, per contaminarsi e per essere sempre più “rete” e sempre meno “ufficio” nella memoria del Cardinale Anastasio Ballestrero di cui ricorre il ventesimo anniversario della morte.

A tutti i volontari e gli operatori, infine, l’augurio di «farsi guidare dallo Spirito» senza voler essere a tutti i costi i registi della propria azione.

D: Siamo al termine dell’anno sociale, com'è stato il 2018?

R: È stato un anno di questioni particolari che si sono affacciate alla nostra finestra, alcune delle quali assolutamente inaspettate, altre un po’ più indotte dal percorso precedente.

A livello sociale abbiamo dovuto farci carico di alcune emergenze nella nostra città che, a dispetto di alcune difficoltà organizzative, ci hanno dato la possibilità di creare coesione e comunione con le realtà presenti del nostro territorio.

D: Qualche esempio?

R: La situazione di supplenza a causa della chiusura della mensa del Cottolengo, che per oltre quattro mesi ci ha chiesto lo sforzo di coordinare sei strumenti operativi contemporaneamente, cercando di camminare davvero insieme nonostante si sia dovuto operare un piccolo cambio di modalità nella gestione del momento del pranzo.

L’altra situazione che ci ha chiesto di mettere in campo capacità organizzative importanti è stata l’apertura di quattro dormitori durante il periodo invernale.

D: Qual è stato l’elemento più sfidante rispetto alla gestione dei dormitori?

Dal punto di vista organizzativo, sicuramente la necessità di procedere all'apertura in tempi rapidi; poi la connessione tra Caritas, enti pubblici (Città di Torino, ASL e Città della Salute) e privato sociale (Cooperative).

È stato un impegno importante che ha consentito di stringere dei rapporti con chi (nel pubblico e nel privato) lavora sull’accoglienza emergenziale delle persone senza dimora.

D: Qual è il lascito di questa esperienza alla città e alla Caritas?

R: Un piccolo inizio di modello alternativo per l’accoglienza delle persone in estrema difficoltà, un modello nel quale il dormitorio non è un’esperienza mordi e fuggi, ma è un luogo di permanenze che, sebbene ridotte nel tempo, sono abbastanza prolungate da consentire di instaurare delle relazioni, pensare a delle progettazioni e creare rete con altri soggetti del territorio.

D: Ci sono altre esperienze di quest’anno che secondo te sono particolarmente significative?

R: Un elemento che ci ha fatto maturare molto è stata un’apertura più vasta che in passato alle persone in stato di detenzione, sia sul versante dell’esecuzione penale esterna, sia per l’appoggio a forme - piccole ma significative - di esternalizzazione.

D: Quali sono gli aspetti più significativi?

R: Sicuramente l’inclusione di persone che vivono questo tipo di povertà e le nostre connessioni con l’istituzione carceraria sono riprese in maniera più organica, tant’è che Caritas è citata nella relazione del Garante per i Diritti dei Detenuti come uno tra gli enti che più di tutti ha collaborato nell’accompagnare le persone e loro famiglie in questi percorsi.

D: Per l’animazione di Caritas che anno è stato?

R: Abbiamo iniziato a raccogliere i frutti di quanto seminato negli anni passati: alcuni Centri di Ascolto ed alcune Caritas parrocchiali, accompagnate dal punto di vista formativo, hanno avviato o rimodellato la loro attività, mettendo al centro la relazione e la creazione di opportunità, invece dell’erogazione di beni o servizi, oppure si sono aperte a trasversalità con gli altri soggetti pastorali su temi come la famiglia, i giovani e la catechesi.

D: Due parole sui progetti legati alla raccolta dell'8x1000?

R: Tutto perfettibile, ma anche rispetto a questo tema le comunità parrocchiali stanno cominciando a ragionare su progettualità che siano più proattive rispetto al futuro e meno destinate a colmare semplicemente le lacune.

D: Uno degli assi prioritari di investimento, secondo gli indirizzi dell’Arcivescovo,  è quello dei giovani. Un commento?

R: Quest’anno abbiamo dedicato a loro la Giornata Caritas, abbiamo lavorato molto sul versante animativo e formativo, anche grazie all’opportunità del bando sul Servizio Civile che ci ha consentito di formare un gruppo di giovani interessati non solo al servizio ma anche al pensiero Caritas e che dunque sono entrati più attivamente dentro la logica di Caritas: non solo servizio ma anche accompagnamento, promozione ed inserimento di tutti i soggetti in una responsabilità condivisa.

D: Sul versante delle criticità che cosa ti senti di dire?

R: Come sempre c’è un'insufficienza quantitativa di persone che collaborano nei servizi e nelle attività direttamente gestite da Caritas: molte persone si rivolgono a noi ma sempre meno sono quelli che possono farsene carico. Questo è sicuramente un problema di cui dovremo occuparci, senza andare a fare ombra alle comunità parrocchiali che sono le prime che devono prendersi cura dei più poveri, ma laddove ci sono servizi diocesani bisogna farsene carico direttamente come Caritas diocesana.

Ci sono poi state delle questioni di riorganizzazione interna legate alla riconfigurazione dell’area sociale della Curia, sulle quali siamo sicuramente partiti sotto una buona stella, anche se certi meccanismi vanno oliati.

D: In genere quando si lavora sugli aspetti organizzativi accade che le organizzazioni ripensino un po’ a sè stesse, questo è capitato anche a Caritas?

R: Sì, abbiamo riflettuto e stiamo ancora riflettendo sulla natura di Caritas e sullo stare di Caritas nel mondo di oggi a partire da un approfondimento del rapporto tra Carità e Giustizia come elementi propri della modalità animativa: non intesa come animazione al servizio in quanto tale, ma piuttosto come un’azione innestata su un percorso di giustizia.

D: Che cosa ha favorito questa riflessione?

R: Probabilmente le progettazioni dell'8x1000 con Caritas Italiana, poi le indicazioni dell’Arcivescovo e le Giornate Caritas del 2017 e del 2018.

Altri elementi che hanno reso possibile questo approfondimento sono stati il lavoro della formazione, il percorso del Comitato S-NODI che, soprattutto in termini metodologici, ha cominciato a restituire organicamente il proprio operato; infine, la presenza di una persona di Caritas Diocesana di Torino all’interno dei percorsi nazionali ed europei.

D: Quali sfide attendono la Caritas e il suo direttore alla ripresa di settembre?

R: La stabilizzazione dei percorsi iniziati: le azioni per le persone senza dimora, l'organizzazione in campo animativo e formativo.

Un'ulteriore sfida sarà far decollare le azioni a favore dei giovani e con i giovani stessi; si tratta di non perdere questo patrimonio, anche in considerazione del tema del prossimo Anno Pastorale sul “discernimento vocazionale”.

Una terza sfida è quella dell’approfondimento del rapporto tra Caritas ed enti pubblici, da approfondire sia in termini operativi che in termini di visione e progettualità. Intendo nello specifico la capacità di accogliere le modalità dell’Agorà del Sociale, non solo perché l’Assemblea dell’Agorà del Sociale 2018 verterà sul tema del welfare ma anche per far mettere insieme delle sintesi senza le quali si rischia di non arrivare ad una conclusione.

C’è poi la sfida economica: dobbiamo fare sempre più cose e le risorse sono sempre meno, questo ci chiama a lavorare bene per comunicare che cos’è e cosa fa Caritas, come abbiamo già cominciato a fare, ma sarà necessario approfondire ulteriormente, in modo da diventare volano per l’aggregazione sociale.

D: Il 21 giugno prossimo sarà il ventesimo anniversario della morte del Cardinale Ballestrero, per Caritas una figura importante; verrà ricordato in qualche modo anche nel 2019?

R: Sì, anche questa è un'altra sfida per noi: il Cardinale Ballestrero aveva capito bene che cosa fosse Caritas, una rete e non un ufficio: questo ci chiama a creare reti, a manutenere reti e ad elaborare un pensiero condiviso. Si tratterà di dare maggiore spazio agli aspetti della spiritualità ed alla nostra funzione pedagogica: fare in modo che altri proseguano ciò che noi mettiamo in piedi.

D: In chiusura, l’augurio del direttore Caritas a tutti i lettori della newsletter, agli operatori ed ai volontari Caritas.

R: Il pensiero migliore che possiamo tenerci dentro è che davvero quello che facciamo non sia un’azione nostra, ma sia il risultato del lasciare che lo Spirito agisca in noi; stimolare la nostra capacità di inventare, ma senza pretendere il merito di quello che queste azioni mettono in atto... bisogna lasciare che il regista sia esterno a noi, per lavorare meglio insieme e superare le difficoltà in modo proattivo.